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a circa quattro decenni i manga e gli anime guadagnano spazio nell’immaginario occidentale, diventando punto di riferimento per autori e autrici non solo giapponesi. Questi linguaggi sono stati in parte assimilati anche dal fumetto italiano, con risultati di differente qualità e spessore. Sulla produzione letteraria nostrana è invece più difficile rilevarne altrettanto chiaramente l’influenza, sia perché nei romanzi viene meno la commistione di immagini e parole, sia perché, per il vecchio pregiudizio duro a morire che vede nei fumetti e nei cartoni animati prodotti culturali di serie B, citare un manga o un anime come fonte d’ispirazione equivarrebbe a sminuire la credibilità culturale del proprio lavoro. Di recente, però, anche nella narrativa sono comparsi esperimenti di ibridazione con i prodotti culturali giapponesi e che orgogliosamente ne rivendicano un legame.
Muori romantica di Matteo Grilli (effequ, 2023) è uno di questi. Nella provincia marchigiana, all’indomani di una catastrofe che ha sconvolto l’equilibrio climatico, una clinica propone una cura insolita per la depressione: ai pazienti viene offerta la possibilità di dedicarsi completamente all’attività creativa che preferiscono, in modo che questo impegno costante li aiuti a non annegare nelle emozioni negative. In uno degli alloggi c’è la giovane Celeste, che scrive forsennatamente, mentre la stanza accanto ospita Nikki, musicista transgender e hacker, che compone musica a più non posso e la carica online per i suoi follower. All’esterno dell’edificio, tra i “guardiani” della struttura, c’è poi l’ambiguo Connor, che asseconda le sue pulsioni mostrandosi fin troppo ligio al suo crudele lavoro. Tutti e tre provano sentimenti fortissimi con una radice comune: un amore deluso, che sembra prender corpo in una creatura umanoide dagli occhi nerissimi, senziente e sofferente.
Grilli, che sui social si presenta come “a dynamic, hyperpop-fueled, fluid and creative posthuman writer”, in quanto millennial ha una formazione inevitabilmente imbevuta di cultura pop, alla quale non a caso ha dedicato una parte del suo percorso professionale, scrivendo articoli e approfondimenti per Not, Esquire e Lucy e sceneggiando la serie tv Anime e Sangue tratta da un gioco di ruolo. Riferimenti alla cultura pop non mancano nemmeno in Muori romantica, e provengono soprattutto dal mondo dei videogiochi e delle serie di animazione, o si riallacciano alla piattaforma 4chan e al dark web. In pratica, riguardano quegli spazi virtuali che implicano una fruizione solitaria e una produzione anonima (o sotto nickname) di contenuti, e che per questo possono ospitare e amplificare nevrosi e teorie del complotto che nel mondo reale non sono sempre ben accette. Questa scelta è funzionale a costruire la personalità dei protagonisti, che ostinatamente fuggono dalla realtà presente e dal loro passato.
Rinuncia al worldbuilding, privando chi legge non solo di esplorare uno scenario sulla carta molto promettente, ma anche di mettersi effettivamente nei panni dei personaggi.
Allo scopo di ribadire la chiusura ermetica verso il mondo esterno, non viene data una connotazione precisa alla provincia marchigiana in cui la storia è ambientata. Per molti versi le dinamiche che la regolano non sembrano dissimili da quelle di una qualsiasi provincia italiana dei giorni nostri, e non sembrano effettivamente stravolte dalla catastrofe climatica. Grilli evoca uno scenario post-apocalittico che di fatto non viene mai descritto ed esplorato perché viene assunto come dato di partenza, e sembra piuttosto un mero pretesto per giustificare la presenza delle creature umanoidi misteriose intorno alle quali si dipanerà la vicenda. Rinuncia a un vero e proprio worldbuilding, scelta che priva chi legge non solo di esplorare uno scenario sulla carta molto promettente, ma anche di mettersi effettivamente nei panni dei personaggi. Eppure appare chiaro come la scelta di non prestare troppa attenzione all’ambientazione serva a mettere al centro del racconto la soggettività dolente e strabordante dei protagonisti. Celeste, Nikki e Connor manifestano il loro dolore ora in dialoghi dal tono spiccio e colloquiale (con tanto di parolacce usate come intercalare) ora con verbosi monologhi costruiti intorno alle aree semantiche “sanguinare, dilaniare, esplodere”: “Immergiti, Celeste, distaccati, fatti rovinare addosso traumi digeriti ed esorcizzati in vari formati, l’orrore è per le persone sole e in questa comunità di deragliati e spezzati ogni rappresentazione è a brandelli, dimenticata e poi ricordata per farsi male, autolesionismo dolce come miele che non farà mai davvero sanguinare”.
In Muori romantica il flusso dei pensieri e dei sentimenti dei protagonisti appare, in modo simile al manga shōjo, vistoso e incontrollabile.
Questo continuo esondare di emozioni fa pensare a una delle cifre distintive del manga shōjo (ossia rivolto a lettrici adolescenti), messa a punto con sontuosi risultati da alcune autrici degli anni Settanta (come Riyoko Ikeda con Lady Oscar, Moto Hagio con Il cuore di Thomas, Keiko Takemiya con Il poema del vento e degli alberi): la demolizione della gabbia di vignette e la costruzione libera della tavola attorno ai personaggi, ritratti in primo piano o a figura intera, con gli occhioni scintillanti e i capelli svolazzanti, e tutt’intorno fiori e luccichii, mentre le parole che riportano i loro pensieri galleggiano tra le immagini senza balloon a contenerle. In Muori romantica il flusso dei pensieri e dei sentimenti dei protagonisti appare, in modo simile al manga shōjo, vistoso e incontrollabile:
Mi immagino lì fuori in un pomeriggio di questo mese di merda con le gambe sprofondate nella neve, e ho di fronte a me l’autostrada, dietro il condominio, tutto attorno è bianco. Vorrei tantissimo sprofondare a ogni passo e vivere sotto la neve, dove nessuno potrà mai mai mai mai vedermi ma io posso sentire tutti che mi vivono e io sono la neve sono l’asfalto sono tutto il paesaggio l’orizzonte lo scenario ma continuo a sentire. Vorrei vivere sottoterra con solo una musica che mi culla ed è la musica di quando correvo io per strada e di quando nel 2007 riuscivo a provare emozioni di cristallo e carne, di repulsione e voglia, tantissima voglia, quando la mia immaginazione era ancora viva il mio spirito ancora intatto e potevo creare potevo sognare mentre tornavo a casa all’alba mezza fatta sbronza fracica e attorno c’era la neve e io potevo avere tutto e amare tutto e no basta mi fa male aiuto mi fa male male male male.
Questa soluzione apre nella sequenza narrativa squarci fulminanti sull’interiorità dei personaggi, con l’effetto di mettere in primo piano l’emozione e non l’azione. Gli sfoghi autolesionisti di Nikki e soprattutto di Celeste, come anche le rêverie psicopatiche di Connor, hanno una simile potenza destrutturante rispetto al racconto, dove ricorrono elenchi di parole cancellate, dialoghi fatti di scambi brevissimi che lasciano ampio spazio bianco nella pagina, parole urlate in maiuscolo e licenze rispetto al normale uso della punteggiatura. A sconvolgere ciascuno dei personaggi è l’amore inteso come un sentimento unilaterale costruito quasi a prescindere dalla persona cui è destinato, una forza oscura che si fa manipolazione, dipendenza tossica, possesso violento, e soprattutto ossessione autolesionista e sadica: “Sentiremo AMORE con la forza di cinquecento buchi neri e duemila soli”; “annega nel ricordo viola e dolcissimo del suo amore liceale come un eroinomane, il peggiore di tutti, quello che senza Amore e Desiderio è perduto. Non esisto, senza di te. Non esisto, senza il tuo sguardo”; “Se l’amore esiste, perché non si è fattә una pera e si è aperta la pancia con delle forbici per andare a trovare la cosa che urlava dentro di lәi, proprio come ha fatto Angel? Se non sono morti insieme, che senso ha amare?”.
Ribaltando il significato negativo del termine otaku, la scelta di immergersi in realtà alternative non denota un infantile rifiuto della realtà ma serva a trovare nel proprio presente un nuovo senso e scopo.
La scelta di accumulare ed esplorare soltanto le emozioni negative, amplificandole in maniera parossistica, unita a quella di eliminare le loro interazioni con il mondo esterno, crea un’immagine monocorde dei personaggi, inquadrati mentre vivono già in una negatività totale e sopra le righe e sembrano aver dimenticato una quotidianità emotivamente “normale”. Chi legge fa una gran fatica a entrare in empatia con il loro dolore, e lo scollamento emotivo che ne risulta, se da una parte amplifica la sensazione di incomunicabilità lamentata dai protagonisti, rallenta ulteriormente il ritmo già costruito su pochissimi snodi narrativi.
La prospettiva solipsistica di Celeste, Nikki e Connor, che evocano una relazione che non ha nulla di naturale ma appare come sfigurata e deformata dalla loro stessa percezione, corrisponde perfettamente al profilo dell’otaku così come Grilli lo ha tracciato nel saggio La liberazione dell’otaku (nella raccolta Nerdopoli). Il termine otaku, usato a partire dagli anni Ottanta per indicare i fan di anime e manga, ha avuto per lungo tempo una connotazione negativa, che Grilli sintetizza efficacemente indicando nell’otaku un individuo “socialmente disfunzionale, profondamente ossessionato, fruitore e creatore di simulacri”, intesi alla Baudrillard come “elementi che non hanno nessuna attinenza con il reale pur generando modelli di realtà alternativi”. Ribaltando il significato negativo del termine originario, Grilli mostra come la scelta di immergersi in realtà alternative a volte non denoti un infantile rifiuto della realtà ma serva a trovare nel proprio presente un nuovo senso e scopo. Costruisce questo ribaltamento attraverso l’analisi di Neon Genesis Evangelion, la celeberrima serie anime di Hideaki Anno che ripensa il genere narrativo del mecha (il post-apocalittico dei robottoni alla Mazinga e alla Gundam, per intenderci) in chiave psicologica, spostando il fulcro del discorso dalla battaglia tra giganti biomeccanici alle fragilità dei tre piloti adolescenti chiamati a pilotarli, in particolare l’insicuro Shinji Ikari.
Sono eroi imperfetti che, risucchiati dai loro stessi disagi in una dimensione fantasmatica, proclamano a gran voce la loro fragilità eppure accettano di mettersi alla prova.
Pur mancando completamente del complesso intreccio narrativo e filosofico che è uno dei tratti distintivi di Evangelion, Muori romantica deve molto alla serie di Anno: in particolare l’idea di un trio di personaggi tanto disperati da essere incapaci di comunicare con il mondo esterno, e l’immagine dell’immersione all’interno di una creatura misteriosa e potenzialmente pericolosa come metafora di una catarsi personale. Come Shinji, Celeste, Nikki e Connor sono un’incarnazione ragionata del concetto di otaku: sono eroi imperfetti che, risucchiati dai loro stessi disagi in una dimensione fantasmatica, proclamano a gran voce la loro fragilità eppure accettano di mettersi alla prova, con tutte le conseguenze che questo comporta. La loro immersione in una realtà alternativa, costruita intorno a prodotti culturali mainstream o frutto della loro stessa soggettività, non sempre equivale a un’evasione in una piacevole comfort zone, a volte implica una resa dei conti, salvifica o fatale tanto quanto ciascuna delle prove che si incontrano nella vita reale. L’idea più suggestiva del romanzo di Grilli sta proprio qui: che la figura dell’otaku possa mostrarci dell’essere umano una sfaccettatura tutt’altro che superficiale, e che possa raccontarci di noi e del nostro tempo più cose di quelle che riusciremmo volentieri ad ammettere.