L a musica 8-bit nasce al passaggio del secolo, grazie anche all’epocale Little Sound DJ e al Nanoloop, software creati appositamente per suonare la console portatile per videogiochi Game Boy, per trasformarlo in un sintetizzatore a tutti gli effetti. Proprio il Game Boy divenne uno degli strumenti prediletti del genere, dal momento che l’8-bit è incentrato sul suono di computer “obsoleti”: uno su tutti, il Commodore 64. E in effetti “Chiptune”, l’altro termine a cui si ricorre per chiamare questa musica, viene definito “musica informatica scritta per formati sonori in cui tutti i suoni sono sintetizzati in tempo reale dal chip sonoro di un computer o una console. Il fenomeno è strettamente correlato alla musica nei videogiochi e al retrogaming”. Se conosciamo questi suoni già dagli anni Cinquanta e dai primi computer, il movimento vero e proprio ha una forte connotazione ludica, perché la sua nicchia nasce tra smanettoni, nerd di console o computer, e quelle sonorità non potevano che rimandare l’ascoltatore direttamente alle sessioni di gioco. L’aspetto ludico poi veniva spesso combinato agli squilibri del noise (non a caso la pratica del circuit bending, la modifica di apparecchi elettronici, Casio e giocattoli sonori, produceva spesso delle Atari Punk Console, capaci di produrre rumori e suoni sintetici), che negli stessi anni stava vivendo la sua fase di massima espansione globale, da fenomeno anche questo di nicchia, partito dalle cantine americane. Ed era forse uno dei suoi tratti più affascinanti: una ludicità disturbata, una semplicità che finiva per apparire perturbante.
Maestri del genere furono i Micropupazzo, duo italiano composto da Stefano Di Trapani (in arte DJ Scheisse) e Alessandro Onori (ovvero Mc Grandmaster Ghei), residente a Berlino. Anche l’Italia ebbe infatti la sua scena 8-bit, e fu anche piuttosto colorita. Il percorso dei Micropupazzo ha incrociato, oltre le influenze già citate, anche altre esperienze elettroniche come ad esempio l’IDM e l’electro. I due muovono i primi passi nei primi Duemila, “la nostra amicizia è di vecchissima data, risale almeno a 25 anni fa o forse più. Fin da quando avevamo le nostre band punk/post-punk a Latina”. Più in generale, il tutto iniziò nel 2001, quando assieme ad altri amici, tra i quali Polysick, si misero sulle tracce dei loro eroi musicali attraverso un viaggio in Interrail. Lì avvenne la folgorazione: “In Germania comprammo due compilation, Input 64 e SID Musique, che ci diedero l’impulso iniziale. Sul treno ascoltavamo anche frequentemente i Jeans Team, che se non erano propriamente 8-bit, avevano dei pezzi piuttosto in linea, che ci influenzarono sicuramente per l’aspetto ‘pop’ della cosa”.
Non furono gli unici a restare folgorati da questa ondata. In Italia iniziò a consolidarsi un movimento abbastanza seguito. “All’epoca eravamo in contatto un po’ con tutti. L’Italia era piena di HQ: noi legammo soprattutto con la scena milanese di Tonylight e Pablito el Drito, con cui abbiamo condiviso diverse situazioni, live, progetti. Come in tutte le scene, c’era gente in gamba e gli immancabili stronzetti competitivi, o gente che si autodichiarava portatore unico del credo. Riguardo Roma, nello specifico, Dj Scheisse ha fondato l’HQ romano in cui confluivano nomi come Mat64, Dr. Pira, Flavio, fino ad allora piuttosto staccati tra di loro. Seguirono poi parecchi microaperitivi, molto frequentati, con headliner esteri come ad esempio Bubblyfish, nonché le feste allo ZK a Ostia patrocinate dalla Cou Cou Netlabel… Era una scena molto viva.”
Oggi è tutto molto cambiato, sebbene proseguano il motto alcune realtà, come ad esempio la comunità di Gamer, e uno per tutti Daimon Chip, che fa parte della nuova ondata italiana, con gente come Kenobit, che da anni continua a militare nella scena portandola avanti in maniera impeccabile. Ma è chiaro che l’entusiasmo di quegli anni pioneristici è irripetibile: “Un bel ricordo è il primo super-evento 8-bit che si organizzò nel 2004 in Italia insieme ai ragazzi di Do the Mongoloid. Suonammo a Roma insieme a Firestarter e Role Model, due vere star della scena all’epoca. E poi senza dubbio il VHT Microfest a Den Bosch in Olanda nello stesso anno: lì abbiamo condiviso il palco con Jeroen Tel, un mito delle colonne sonore di videogiochi per C64; è stato emozionante, una performance da fuoriclasse”. Nel frattempo impazzava (si fa per dire) il movimento noise, al quale i Micropupazzo aderivano se non per via direttamente musicale, quantomeno dal punto di vista delle frequentazioni, degli ambienti e soprattutto degli ascolti.
La musica 8-bit ha una forte connotazione ludica, perché la sua nicchia nasce tra smanettoni, nerd di console, computer.
In quegli anni infatti “la scena noise era già enorme e noi da onnivori mai sazi di musiche ‘storte’ eravamo grandi fan sia di tutta la scena americana che delle cose che arrivavano col contagocce dal Giappone. Mi ricordo di un concerto stratosferico di Merzbow a Roma, un altro evento segnante nella nostra storia comune: riuscimmo a fermarlo e a parlarci, ma ci accorgemmo che era come se non ci sentisse proprio, come se fosse nel suo mondo. Solo più tardi scoprimmo che è quasi completamente sordo – fatto non sorprendente, visto la musica che produce da anni”. Ma un altro dei punti in comune col noise era anche un certo tipo di strumentazione: “Abbiamo sempre usato computer (rigorosamente inutilizzabili), strumenti giocattolo, tastierine ed effetti vari. Un potpourri di robe più o meno funzionante, tra i quali anche dei circuit bending prodotti insieme a Luca Manga, uno dei pionieri della Micromusica a Roma”. Una strumentazione che è cambiata col tempo, dal momento che “agli inizi usavamo un campionatore Electribe, per poi passare al minimalismo di computer portatile e Kaosspad, poi ai programmi musicali del Nintendo DS, poi un computer Aquarius della Mattel programmato in Basic direttamente sul palco… insomma ci siamo sempre sbizzarriti”.
Anche nel loro ultimo album – The Wedding Album – sembrano essersi sbizzarriti, non solo dal punto di vista musicale: “L’idea era quella di usare rappers/toasters sulle nostre basi. Siamo sempre stati appassionati di hip hop e all’epoca si aggiunse alla miscela la musica Jamaicana. C’è da dire che inizialmente volevamo fare qualcosa in cui anche noi cantassimo, qualcosa di pop con l’autotune, poi però la cosa si è trasformata in auto campionamenti trattati in modo da non sembrare proprio noi, anzi: qualcuno ci ha anche chiesto se i pezzi cantati fossero campionamenti di roba araba! Siccome volevamo anche un omaggio all’icona di Hatsune Miku abbiamo chiamato Yogo Treno a produrci e a realizzare le parti di vocaloid, che sono evidenti nel singolo ‘Infilami la billa’. In un certo senso il titolo dell’album è una metafora di tutta l’operazione: evoca quella caciara di album di Yoko Ono e John Lennon, è il luogo fisico dove è stato realizzato e infine è il matrimonio di influenze, amici, campionamenti, stili”. Effettivamente, infatti, il loro The Wedding Album ha poco a che vedere con l’8-bit. Ha un suono tutto suo. “A dire la verità ci siamo allontanati abbastanza presto dalla scena chiptune/micromusic/8-bit, che stava diventando un po’ troppo filologica – per approdare a una forma più ibrida che cerca di mischiare tutto quello che amiamo. Negli anni la storia del gaming si è evoluta e dal Commodore si è passati a ben altri aggeggi. Ciascuno di questi ha il suo suono, la sua frequenza di campionamento, la sua estetica: perché lasciarli fuori?”.
A tracciare una linea immaginaria tra i colori dell’8-bit e quelli sgargianti di un altro genere squisitamente italiano, l’italodisco, è il guru Johnson Righeira, che l’album lo ha prodotto. Uno che ha creduto in loro al 100%, dal momento che questa fu la sua reazione dopo l’ascolto: “Ehi ragazzi, bello sto disco: certo non per tutti!” Senza peli sulla lingua, ma pronto a sostenere il progetto quasi a scatola chiusa. “Johnson è un punk vero, ha riconosciuto subito determinati cromosomi in noi, d’altronde i Righeira in fatto di stranezze erano fuori competizione. L’unico appunto che ci ha fatto è stato ‘Sì, però ci vuole un singolo con la cassa dritta!’. E allora ci siamo fatti aiutare da Jomoon (che in passato era la ‘chiptuner’ J8bit) per la base ritmica ed è venuto fuori ‘Come? Ballare’”.
Il disco è stato realizzato a Berlino, a Wedding appunto. Il quartiere dove vive Alessandro, “ricordo l’appartamento con tutti gli scatoloni del trasloco ancora tra i piedi, e Dj Scheisse che dormiva là in mezzo. C’è questa particolarità che tutti i dischi che abbiamo fatto sono nati durante i miei spostamenti in giro per la Germania, il che è piuttosto curioso”. Ma è curioso anche scoprire che per il disco è stata usata una lingua inventata: “A parte il discorso del dub, in quel periodo avemmo anche influenze dovute alla lettura di Complotto dei KLF [uscito per Not], quindi – allacciandoci al discorso del ‘discordianesimo’ e della sincronicità magica delle cose che tanto sta a cuore ai KLF – ci stava bene che le parti rappate fossero di una lingua inventata dai ‘toasters’ stessi, delle parole magiche. Abbiamo avuto serie difficoltà perché ai vari ‘sì, sì, ora lo facciamo’ in pochissimi hanno dato un seguito: e allora ci è venuta in mente Legogirl, che è la figlia di due amici, che all’epoca aveva nove anni e inventava queste cose assurde; l’abbiamo invitata a partecipare e il disco si è sbloccato”.