T utti hanno letto il libro”, fa dire Philip Roth alla madre di Nathan Zuckerman nello Scrittore fantasma. Ed è vero che se c’è un libro che abbiamo letto tutti, o di cui ognuno di noi ha perlomeno un’idea, questo è il Diario di Anne Frank, le pagine scritte nella “Casa sul retro” di Amsterdam dove Otto Frank riuscì a nascondere la sua famiglia fuggita dalla Germania nazista, e a cui Roth dedicò una delle sue trame più assurde. Alla fine, alla “Casa sul retro” sopravvisse solo il padre, che avrebbe curato la vicenda editoriale del Diario: accade così che tra i fantasmi del Novecento lo spettro di Anne sia tra i più persistenti, con una ricezione peculiare da parte dei lettori, anche alla luce della distanza che ci separa sempre più dalla sua genesi.
Tra i fantasmi del Novecento lo spettro di Anne Frank è tra i più persistenti.
Di sicuro, alla voce “ricezioni peculiari” va catalogata la creazione di qualcosa che non potremmo immaginare più distante, perlomeno in partenza, da un testo come il Diario: l’album di una band indie rock americana. È accaduto nel 1998, quando i Neutral Milk Hotel pubblicarono In the Aeroplane over the Sea. Massimo Palma, scrittore e insegnante di filosofia politica, ha accostato in un saggio aperto, polifonico, letterario il Diario e l’album che ha ispirato, raccontando in Olanda, 1945 (Nottetempo 2022) quella che a tutti gli effetti è una storia di fantasmi che s’inseguono e ricorrono nel tempo, esplodendo nella memoria collettiva all’ombra della tragedia più indicibile del secolo scorso.
Rievocando l’alloggio in una forma che mima ogni famiglia in difficoltà, la prima canzone dell’Aeroplano elimina ogni traccia di obbligo del ricordo della Shoah. Il viaggio che avviene è involontario ed è durissimo. Avviene come in sogno, come in una fiaba che ascoltiamo sempre più a disagio. Qui madri e padri si insultano, qui adolescenti si toccano e si annusano, mentre al suolo si affoga nella spazzatura.
Spettrali, a modo loro, i Neutral Milk Hotel lo erano per costituzione e attitudine artistica. Soltanto due album registrati nella seconda metà degli anni Novanta (il debutto avvenne nel 1996 con On Avery Island, a cui seguì due anni dopo In the Aeroplane over the Sea) la band era di fatto Jeff Mangum, un ragazzo irrequieto e fragile come molte rockstar di quegli anni; gli antieroi del grunge di base a Seattle ma anche i cavalieri oscuri del Sud, songwriter come Mark Linkous e Vic Chesnutt. Mangum si muove tra Louisiana, Colorado e Georgia, dove bazzica la scena di Athens, la stessa di Chesnutt e dei più famosi REM.
Il libro di Palma inizia proprio da qui: è una sera d’estate nel 1998 e i Neutral Milk Hotel presentano in un concerto a Athens le canzoni di In the Aeroplane over the Sea. I pezzi dell’album sono tirati ed emotivi, una distorsione corale di fiati, chitarre e strumenti inusuali per un gruppo di rock alternativo, come una banda di paese in preda alle allucinazioni o il suono di cento carillon sintonizzati su frequenze lisergiche. Inusuale, del resto, è anche la fonte di ispirazione lirica dell’album, il Diario di Anne Frank, trasfigurato in modo sorprendente in un racconto in parte fiabesco e in parte mostruoso. I testi di Mangum mescolano invocazione e lamento, fantasie strambe, momenti furiosi e la ricerca di una quiete sospesa: “questo album americano colmo di entusiasmo, possessione, ironia e spaventosa ingenuità, questo album di folk psichedelico e melodia funestata da inserti noise”, come scrive Palma.
Nell’album, il Diario di Anne Frank è trasfigurato in un racconto in parte fiabesco e in parte mostruoso.
Coerentemente con un’impostazione così sghemba, obliqua, l’ascolto di In the Aeroplane over the Sea sprigiona forze visibili in controluce, perché niente è didascalico nella creazione dei Neutral Milk Hotel. Non lo è la copertina, enigmatica, allusiva, un’illustrazione – curata da Chris Bilheimer, già compagno di studi di Michael Stipe dei REM – “che ritrae una ragazza seduta su un molo e un tamburello al posto della faccia”. Ma non lo sono soprattutto i testi dell’album, a partire dalla fonte d’ispirazione di In the Aeroplane over the Sea: come spiega Palma, il nome di Anne Frank è pronunciato una sola volta in tutto il disco.
La fase onirica – la trascrizione di sogni a occhi aperti – fa parte anche della narrativa esoterica che circonda i testi dell’
Aeroplano: in una celebre intervista del periodo post-Neutral, nel 2002, Jeff Mangum rivendica di richiamarsi a Jung nel fare appello alla tecnica dell’“immaginazione attiva” esercitata tra la veglia e il sonno. E in effetti visioni e allucinazioni sembrano dilagare in molti testi: mostri e creature mediane tra piano onirico e piano reale sembrano lavorare ai fianchi pure dei riferimenti più chiari al Diario di Anne Frank.
Mangum ha raccontato come l’incontro con Anne Frank fu per lui del tutto casuale. Passeggiava per le strade di Denver, vide il Diario nella vetrina di una libreria, lo acquistò, lo lesse tutto d’un fiato e ne fu completamente ossessionato, come in una sorta di crisi mistica. Scrisse appunti e disegni, cercando una relazione metafisica con Anne, interrogandosi sul suo destino atroce, inspiegabile. La traduzione artistica di questa ossessione diventò In the Aeroplane over the Sea, che “si apre con un misterioso ‘re dei fiori di carota’, prosegue con le gesta di un ‘ragazzo a due teste’, dispiega fanfare e cornamuse con ‘l’idiota’, canta di genitori violenti e lascivi, di una ‘figlia comunista’, proclama a voce altissima l’amore per Gesù Cristo”, racconta Massimo Palma.
A partire da un’opera così immaginifica, Olanda, 1945 espande gli orizzonti, si apre ad altre suggestioni storiche e letterarie che comprendono la narrazione della Shoah in Primo Levi ma anche il controverso La casa delle bambole, il romanzo che raccontò i bordelli dentro i campi di concentramento (e dal quale i Joy Division trassero il loro nome). O ancora il parallelo immaginato da Philip Roth tra l’opera di Franz Kafka e il Diario di Anne Frank, “perché parla di solai, di soffitte, stanze segrete, calunnie”, e perché “la frase iniziale del Processo si attaglierebbe bene anche a lei: ‘Qualcuno doveva avere calunniato Anne F. perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina la misero agli arresti’”.
Nella strofa di In the Aeroplane over the Sea che parla dello spettro di Anne, la strofa corale con la band tutta impegnata, non ci sono più immagini, ma musica “che viene dalla strada” – tra gli alberi. Il ragazzo della Louisiana canta di suoni dalle strade, di alberi e nuvole quando il sogno finisce. La musica ad Auschwitz era ovunque. I suoi echi arrivavano a ogni angolo di strada, “col capriccio del vento”, dice Primo Levi. “I motivi sono pochi, una dozzina, ogni giorno gli stessi”. In
Se questo è un uomo la chiama “la voce del Lager, l’espressione sensibile della sua follia geometrica”.
Tanto Jeff Mangum nel suo viaggio onirico, quanto Massimo Palma, con un saggio che è la somma di livelli di lettura differenti, contribuiscono a liberare il fantasma di Anne.
Trascinando il lettore in un vortice di suggestioni coordinate che non possono prescindere dall’ascolto della musica dei Neutral Milk Hotel – diventando così un saggio che tiene insieme il linguaggio delle parole e quello della musica – Olanda, 1945 finisce con rendere l’omaggio più grande a Anne, la ragazza Anne, l’adolescente – non bambina – costretta alla prigionia e alla morte dai nazisti e che d’altro canto non merita la gabbia eterna, per quanto nobile, di un’opera letteraria imbalsamata. E allora tanto Jeff Mangum nel suo viaggio onirico, quanto Massimo Palma, con un saggio che è la somma di livelli di lettura differenti, contribuiscono a liberare il fantasma di Anne, a ridarle anima e persino un corpo, per quanto sognato.
Proprio come aveva immaginato il Philip Roth citato da Palma in The Ghost Writer, facendola sopravvivere nel New England con il nome di Amy Bellette. Perché, in definitiva, scrive Palma: “Scegliere la storia più terribile del Novecento per raccontare il quotidiano di esistenze dette male, modellare su uno dei simboli della Shoah i mostri che appaiono sui rettilinei sterminati tra il Colorado e la Georgia, nel sudore e nei fumi delle feste studentesche; disporre infinite coincidenze su un piano unico in cui i tempi si mischiano, i miti si giustappongono – tutto questo è una scelta davvero impropria, ma riuscita”.