

“U
na variante naturale del comportamento sessuale umano”: così molti concepiscono oggi l’omosessualità. […] Tuttavia in questo senso sono parimenti ‘naturali’: la pedofilia, la violenza sessuale, l’omicidio, ecc.
Pro Vita & Famiglia Onlus, 2015
Così si apre uno degli articoli più emblematici della retorica anti-LGBTQIA+ contemporanea. Un testo che, con linguaggio fintamente pacato ma ideologicamente feroce, costruisce un castello di nessi logici malfermi per sostenere che l’omosessualità, benché osservabile nella natura in più di 1500 specie, sarebbe in realtà contronatura dal punto di vista morale.
Ma cos’è la natura e cosa significa essere contronatura? La domanda è antica, ma la risposta tutt’altro che fissa. È da questa ferita semantica e filosofica che si muove il libro Natura contronatura. Estetica ecoqueer (2025) di Dario Alì e Vincenzo Grasso: un saggio radicale e lucido che non si limita a difendere le identità queer dalle accuse di “innaturalità”, ma ribalta interamente il tavolo. La natura che invocano i Pro Vita è tutt’altro che neutra. È una costruzione ideologica: pura, eterosessuale, bianca e fertile.
Nel popolare game show italiano Ciao Darwin, il gioco prevede l’ingresso della figura a di “Madre natura”, con la discesa scenica della scalinata accompagnata dall’Adiemus di Karl Jenkins: la modella scelta era sempre donna, magra, in bikini e soprattutto senza parola. Ed è così che abbiamo rappresentato la natura per secoli: muta, desiderabile, docile. Nel libro viene citata la natura secondo Merchant ovvero repressiva, priva di ironia o ambiguità. Alì e Grasso ripercorrono i nuovi poteri simbolici e ritrovano proprio “nel Medioevo la trasformazione del concetto di Natura, che viene investita di un nuovo potere: diventa la fonte delle leggi morali, giuridiche, sociali. Il rapporto tra quello che è naturale e un ordine pre-esistente e divino si rafforza e consolida e con esso l’idea che esista un solo modo ‘giusto’ di esistere e vivere”. Gli esempi di rappresentazioni di trucidazioni, lapidazioni e violenza, nel corso della storia dell’arte sono molteplici e Alì e Grasso sottolineano come servissero “a perpetuare l’oppressione attraverso l’arte, legittimando la violenza simbolica e fisica nei confronti di chi veniva percepito come l’altro” .
Nel Medioevo la natura diventa la fonte delle leggi morali, giuridiche, sociali. Il rapporto tra quello che è naturale e un ordine preesistente e divino si consolida, e con esso l’idea che esista un solo modo “giusto” di esistere.
Gli esseri umani, infatti, dimostrano una predisposizione profonda a cercare e riconoscere dei pattern di ordine nel mondo naturale. Tali ordini forniscono modelli concreti e tangibili per concettualizzare ordini astratti, inclusi quelli morali e sociali. In altre parole, la natura serve da vasto repertorio di metafore e analogie attraverso le quali rappresentiamo e diamo senso a idee complesse di organizzazione e struttura. In quest’ottica, ciò che esiste in natura non solo descrive il mondo, ma prescrive anche come il mondo umano dovrebbe essere”.
Nel 1994, sulla rivista accademica UnderCurrents, Shauna M. O’Donnell scriveva “Una politica della natura non può più essere un’articolazione del privilegio prescrittivo o descrittivo bianco, maschile ed eterosessuale”. Già allora gli studenti e le studentesse della York University of Toronto, Canada, si accorgevano delle intersezioni tra politiche ambientali e teorie queer. Iniziò così, trent’anni fa, un’esplorazione dello spazio queer in natura, o quella che viene definita contronatura, una svolta che appare come epocale.
Se la natura è sempre stata un costrutto storico e dettato dalla cultura dominante, allora la contronatura può diventare un campo di possibilità estetico-politiche, un atto di immaginazione e resistenza.
Ma il lavoro dell’arte ecoqueer non è solo decostruire una visione imposta, è anche percorrere nuove strade. Gli esempi proposti da Alì e Grasso mostrano le rappresentazioni artistiche dell’animale, del mostro e del non umano come rivendicazione di nuove soggettività. Da TRANSGENESIS (2021) di Agnes Questionmark che esplora il superamento non solo dei generi ma anche della stessa umanità, creando una vera e propria nuova specie umano-cefalopode, fino alle tre serie Green Porno, Seduce Me e Mammas di 38 cortometraggi di Isabella Rossellini che con la sua ironia, matericità e attorialità mostra la vita sessuale e i comportamenti riproduttivi delle varie specie.
Nel capitolo dal titolo “Altri mostri”. Alì e Grasso svolgono un lavoro di fino mostrando mostri, mutanti, corpi trans*, ibridi, chimere: gli attori della nuova alleanza ecologica che partono dal discorso-manifesto di Paul B. Preciado, mettendo in discussione il dualismo natura-cultura. Scrive Preciado in Sono un mostro che vi parla (2021): “È da questa posizione di malato mentale a cui mi relegate che mi rivolgo a voi, in quanto scimmia-umano di una nuova era. Sono il mostro che vi parla. Il mostro che avete costruito con i vostri discorsi e le vostre pratiche”. Questa dichiarazione, poetica e politica, denuncia la recente storia di patologizzazione per le persone trans*. Infatti solo nel 2018 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha rimosso la disforia di genere dalla categoria dei disturbi mentali, inserendola in una nuova classificazione, nell’ambito della salute sessuale, come “incongruenza di genere”. In Italia, il 28 luglio 2025 ha marcato il decennale dell’obbligo alla sterilizzazione chirurgica delle persone trans* imposto dai tribunali. Per ottenere la rettificazione anagrafica e la possibilità di procedere alle terapie di affermazione di genere, si doveva attraversare un rigido processo binario patologizzante, fatto di giudici, sterilizzazioni forzate e un anno obbligatorio di psichiatria. Una violenza che non è solo privata, ma sistemica, come sottolinea anche Preciado: vieni riconosciuto come persona non appena assumi e introietti i codici del maschile dominante. Questa però è una reiterazione della stessa gabbia simbolica del quadro di Gauguin. Una scelta binaria. O maschio o femmina.
Solo nel 2018 l’OMS ha rimosso la disforia di genere dalla categoria dei disturbi mentali, inserendola in una nuova classificazione, nell’ambito della salute sessuale, come “incongruenza di genere”.
Così lo spazio della contronatura è quello dove ciò che viene escluso dal “naturale” può finalmente prendere voce, amare, esistere. Ci sono narrazioni che si muovono dentro queste coordinate, che mettono al centro corpi queer e trans* non come trauma ma come possibilità, come felicità, come geografie affettive capaci di immaginare altri mondi.
Come creare quindi un immaginario altro? Scardinando ciò che viene chiamato “normale”, restituendo spazio a ciò che è stato rimosso, marginalizzato e silenziato. Raccontare un paesaggio diverso, fatto di corpi desideranti, non normalizzati, non regolati dalla paura, è forse uno dei gesti più radicali attuati da Alì e Grasso per rispondere a chi invoca ancora oggi “la natura” come confine e condanna.
La contronatura è la possibilità di immaginare altri mondi, altre ecologie, altri desideri. È un atto necessario in questo contesto politico, e in fondo, è anche una delle prerogative del lavoro culturale.