

L’ assoluto protagonista dell’ultimo romanzo di Michael Bible, Goodbye Hotel (2025, traduzione di Martina Testa) è un luogo immaginario e difficile da collocare se non in una qualche periferia estrema e sconosciuta, isolata e nascosta di New York. Un luogo che è aderente direttamente al suo sentimento, un movimento necessario di rifugio. Un riparo dunque da qualcosa d’indefinito, ma che proprio oggi non può che essere più chiaro ed evidente. In un tempo dettato da un ritorno repentino alla violenza da parte degli Stati nazione, dalla guerra nuovamente in voga come risoluzione estrema, e dalla riduzione a ombra di ogni forma di cittadinanza in quanto modalità di vita considerata desueta, ognuno si ritrova infatti lasciato nudo di fronte alla propria esistenza.
Goodbye Hotel, titolo originario pensato dall’autore, ma non titolo della versione originale che in realtà è Little Lazarus, come spiega lo stesso Bible in un’intervista a Giorgio Biferali, arriva come un urto potente addosso ai lettori. Un movimento che scombussola e inquieta, che fa male e lascia profondamente perplessi perché la sua forza e la sua angosciante irresolutezza appaiono estremamente difficili da decifrare se non dal punto di vista di un organismo letterario che ha disperso ogni necessità strutturale per ridefinirsi come un corpo disseminato nello spazio e nel tempo.
La lezione è quella di William Faulkner il più americano degli autori americani, ma anche il più europeo perché è proprio nel vecchio continente che il premio Nobel di New Albany ha trovato negli anni un pubblico di lettori affezionati ben più che negli Stati Uniti. La forma narrativa che vacuamente si può definire innovativa in realtà è per Faulkner l’unica possibilità di racconto di un movimento dato e agito da chi dal Paese di nascita non si è praticamente mai mosso, ma è anche il modo più efficace e poco sperimentato per descrivere quei moti dell’animo che sovrappongono caoticamente pensiero a desiderio, urgenza a necessità, fare ad ambizione.
Bible conferma la propria qualità e statura letteraria dopo il precedente L’ultima cosa bella sulla faccia della terra (2023) con una rara capacità di controllo del discorso letterario, fortemente trattenuto all’interno di una forma che non è fatta per chiarire e disporre tutti gli elementi narrativi ben in vista, ma che si pone come ultimo e vero obiettivo quello di rivelare. Leggere Bible è un atto di deliberata curiosità, un’avventura dentro alla quale si è chiamati come parte in causa: soppesare ogni parola, ogni elemento della punteggiatura non per definire e precisare, ma per accogliere le sfumature di un discorso mai volutamente esplicativo. Bible lavora infatti sulla chiarezza come una pura forma di luce e ogni pagina è una forma di scoperta necessaria che va affrontata obbligatoriamente quale unico elemento cronologico a disposizione.
Bible conferma la propria qualità e statura letteraria con una rara capacità di controllo del discorso letterario, fortemente trattenuto all’interno di una forma che non è fatta per chiarire e disporre tutti gli elementi narrativi ben in vista, ma che si pone come ultimo e vero obiettivo quello di rivelare.
Trickster del romanzo è Lazarus, una tartaruga dai poteri magici, una sorta di oracolo capace d’incarnare e in alcuni casi di anticipare gli eventi. Il suo sguardo è aperto e include le figure che di volta in volta gli si parano davanti agli occhi. Il rifugio, oltre le mura del misero e misterioso hotel arriva a darsi piena forma nella mente dei suoi ospiti, che tendono inevitabilmente a ripercorre la propria memoria ritornando, come è già avvenuto nel precedente romanzo di Bible, ad Harmony, dispersa cittadina del Sud degli Stati Uniti.
I piani si sovrappongono sospendendosi a vicenda, connettendosi e negandosi di volta in volta. Il ritmo è certamente fondamentale per evitare di perdere i preziosi agganci che il racconto offre, ma non è da meno l’altra influenza che segna in maniera determinante la scrittura dell’autore nato nel North Carolina, ovvero quella di Flannery O’Connor, perché di fronte a ogni accettazione di rivelazione è necessario sempre un atto di fede. Bible restituisce un’originalità assoluta intersecando due autori estremamente vicini eppure radicalmente opposti l’uno all’altra come due simili estraneità.
Qui sta la grande qualità e originalità di un autore che in poche pagine offre parimenti luminosità e buio profondo: “Per Lazarus quei primi anni di viaggio furono un sogno bellissimo. La nebbia bassa sopra le montagne mentre si inerpicavano verso una grotta dove dormire tutta la notte in mezzo al frinire dei grilli. O le albe viola e i temporali pomeridiani. Percorrevano le strade maestre e quelle secondarie. Si tenevano alla larga dalle grandi città e giravano solo per i piccoli centri e la campagna. Lazarus imparò a conoscere il territorio”. Lazarus è guida e spettatore, filtro tra la storia e i suoi lettori. Dunque protagonista assoluto, ma anche voce narrante per ‒ si potrebbe dire ‒ interposto autore.
L’aspetto favolistico in Goodbye Hotel non è solo determinante, ma è anche l’unico elemento strutturale che sottende a un viaggio nella memoria intimo e privato, dalla forma fortemente religiosa. Slitta infatti continuamente il senso e il timbro del romanzo, rigenerandosi però sempre alla pagina successiva. La forma, la misura è data così solo dalla presenza della tartaruga, mai antropomorfizzata ma descritta come elemento divino di rispecchiamento.
L’aspetto favolistico in Goodbye Hotel non è solo determinante, ma è anche l’unico elemento strutturale che sottende a un viaggio nella memoria intimo e privato, dalla forma fortemente religiosa.
La tensione è retta anche, e non per ultimo, da una forma di ironia giocosa (che risiede e risale dalla forma originaria tipica della favola) che non priva mai dell’intensità a cui obbliga la scrittura, ma offre spazio a un disincanto necessario per non trasformare il romanzo in una forma di assurda litania. E non fa mai difetto a Bible una forma di accorta misura che lo rende immune da un eccesso di sperimentalismo che lo possa portare verso territori più spesso retorici e provinciali che rivelatori.
Il tratto di Goodbye Hotel è così sostanzialmente popolare, un girovagare allegro e onesto con la sola urgenza di una pace che sia ‒ per quanto vergata da qualche stratagemma letterario ‒, pura e sincera: “Osservando la gente di Harmony si era reso conto che quelle persone avevano bisogno di qualcosa, qualunque cosa, in grado di confermare che il mondo era più della somma delle sue parti. Quando andavano a trovarlo nel parco e facevano una domanda a Lazarus, gli rivelavano le loro piccole speranze per il mondo e grazie a Lazarus sentivano che quelle speranze forse un giorno si sarebbero avverate”.
I romanzi di Bible mantengono la promessa di andare oltre la banale somma delle parti, oltre la singola lettura che sia occasionale come critica, offrendo a ogni lettore un punto di vista sul mondo diverso e diversamente possibile. Pagina dopo pagina il romanzo si offre agli infiniti diversi occhi che vi si poseranno, restituendo un’immagine sempre diversa di Lazarus e del suo viaggio, di Harmony e dei suoi abitanti, come è tipico della grande letteratura.