

D iciotto sono i volumi che compongono il diario di Paul Léautaud, una vera e propria opera letteraria fatta del racconto minimo di una quotidianità intima e privata. Un capolavoro dentro al quale si possono ritrovare compiutamente molti dei sentimentalismi e dei patetismi tipici del maschio del Novecento. Un’erotica del maschile fatta di slanci amorosi quanto aggressivi, che si sostanzia di quel gesto sconsiderato, e sempre al limite, del seguire con lo sguardo e a distanza la donna, le donne, come forma principale (spesso unica) di scoperta della realtà. Il confine tracciato attorno all’idea di donna, o appunto delle infinite donne, diviene una vera e propria poetica di vita fragile e delicata per Léautaud. Ogni volta che quel limite viene varcato, l’esistenza assume i tratti dell’imbarazzo come dell’infamia, della vergogna come del godimento più sorprendente. Un circolo ozioso e vizioso a tratti fondamentalmente infantile.
Il continuo ritorno al corpo femminile inteso come umanità estranea da sé non è altro che per Paul Léautaud la ricerca ossessiva, erotica e incestuosa della giovane madre che lo aveva abbandonato appena nato e mai più voluto incontrare fino all’età adulta. Una forma di attrazione quella dello scrittore francese sì fortemente maschile e in parte parallela a quella virile del maschio conquistatore e cacciatore, ma a cui in realtà si oppone fortemente con una delicatezza esposta e languida e un’incapacità perenne e ostinata alla scelta, a qualunque scelta. Ogni donna per Léautaud è tutte le donne, ma soprattutto la donna è sempre presente in ogni suo ruolo: madre, sorella e amante.
Il continuo ritorno al corpo femminile inteso come umanità estranea da sé non è altro che per Paul Léautaud la ricerca ossessiva, erotica e incestuosa della giovane madre che lo aveva abbandonato appena nato e mai più voluto incontrare fino all’età adulta.
Paul Léautaud è un dandy, un camminatore e soprattutto un amante degli animali, forse gli unici esseri su cui riesce a riversare un amore che non sia vergato da un’ossessione colpevole e compulsiva. Le sue pagine di diario svagano e ritornano, come anche le sue critiche teatrali, attorno ai gatti randagi che popolano la sua misera casetta alle porte di Parigi, nel villaggio di Le Plessis-Robinson dove troverà la morte il 22 febbraio del 1956 a ottantaquattro anni. Scrittore francese nell’essenza, amico di André Gide a cui dedicherà uno dei suoi famosi e bellissimi necrologi (e qui non può non tornare alla mente ancora Truffaut e il protagonista del suo La camera verde del 1978, Julien Davenne interpretato dal regista stesso), Paul Léauteaud è il protagonista dell’ultimo romanzo di Edgardo Franzosini, Per espresso desiderio (2025).
Franzosini abile indagatore delle ossessioni, letterarie in particolare, illumina così la vita di Paul Léautaud attraverso quello che è il primo vero incontro tra lo scrittore francese e la madre, che avvenne nei giorni della morte dell’amata zia a casa della nonna che lo aveva cresciuto. Un incontro denso di ansia e di aspettativa, di paura e di rimorso per lo scrittore, allora poco più che trentenne, tanto più nel momento in cui si trovava a casa della nonna materna e al capezzale della zia Fanny:
Come sono disgustose, pensò Paul, le cose che precedono la morte. Non era la prima volta che vedeva morire qualcuno. Tempo prima avevo visto morire all’ospedale un’amica, la Perruche. Peritonite o qualcos’altro. La Perruche faceva la vita. Una puttana a buon mercato. Una mattina erano venuti a casa ad avvisarlo che stava molto male. Quando le si era avvicinato, c’era un’infermiera accanto al suo letto. Bianca e rossa, in piena forma. Che salute, aveva pensato guardando le sue rotondità.
Con stile quasi telegrafico Franzosini riesce a mimetizzarsi nella prosa di Léautaud, offrendo al lettore un doppio ritratto che è sia biografico sia fortemente e principalmente letterario.
Edgardo Franzosini delinea non solo la biografia e il carattere di uno scrittore appartato, per quanto ancora oggi in Francia considerato come un riferimento da un solido zoccolo duro di lettori, ma prima ancora un’idea di letteratura. Un fare letteratura che oggi appare ridotto ai minimi termini e che, pur avendo da sempre un’accoglienza limitata, rappresenta un discorso centrale e fondamentale nella letteratura. Sia per la densità e la capacità di dare corpo a contraddizioni e conflitti tutti afferenti all’anima umana, sia perché capace di valicare proprio attraverso un racconto (sempre ossessivo) del quotidiano, la quotidianità stessa.
Franzosini delinea non solo la biografia e il carattere di uno scrittore appartato, per quanto ancora oggi in Francia considerato come un riferimento, ma prima ancora un’idea di letteratura.