L a letteratura latinoamericana non esiste è ormai un antico refrain, ma è anche il miglior indicatore del fatto che quella letteratura è innominabile in quanto potenzialmente fatta di infiniti nomi, di geografie espanse e di un catalogo fatto di multipli potenziali in impossibile esaurimento. Un gioco dell’esistenza, un patto stretto con la storia e l’anima di un luogo che diviene nella sua sostanza la sua stessa trasfigurazione. In tal senso la letteratura latinoamericana è la migliore etichetta possibile e come tale anche ovviamente estremamente riduttiva che chiunque può utilizzare per catalogare, definire e anche solo nominare opere e autori la cui fama precede la loro lettura. Un vero e proprio ecosistema dentro al quale ogni elemento è connesso e intrecciato in un’epica totale che sfilaccia ogni confine tra reale e immaginario, tra reale e letterario. Perde di senso ogni discorso che non contempli la mistica, come perde ogni sostanzialità lo sforzo di separare autori e opere perché è l’insieme a dare corpo a questa forza immaginifica. Uno sforzo che offre il fianco a un tranello, quello dell’infinito catalogo, una scalata babelica obbligatoriamente senza fine possibile, un esercizio capace di tradire le motivazioni lasciando l’insensato ipotetico autore in un mare di deserto, lontanissimo dall’obiettivo di sintetizzare e di chiarire o anche solo di mostrare un fenomeno così mimetico e particolarmente ostile alla semplificazione.
A questo esercizio rischioso che richiede velocità di esecuzione, mira e onestà di sguardo si è dedicato in un libro abilissimo, colto e curioso Luciano Funetta con Domicilio sconosciuto. E improvvisamente il percorso di Funetta eclettico e attento lavoratore culturale, oltre che scrittore appartato quanto innovativo (non si può non ricordare il suo fulminante esordio del 2015, Dalle rovine –, sembra mostrare i segni di un attraversamento chiaro e limpido. Domicilio sconosciuto è il tracciato fluorescente di un evidenziatore su una mappa culturale complessa e impervia, dentro alla quale non è possibile individuare alcuna scorciatoia.
La precisione diviene così l’unica via e questa è la scelta percorsa da Funetta, che offre con questo testo un compendio del fare e del dire letteratura. È infatti risibile definire Domicilio sconosciuto un saggio o un romanzo, perché prima di ogni altra cosa rappresenta una straordinaria e accurata operazione chirurgica. Il gesto esemplare di un taglio e di un’asportazione che si basa sull’efficacia della pratica nel farsi teoria potenziale. Una capacità di traduzione che porta in maniera esplicita ed evidente davanti agli occhi dei lettori la forza e la dinamicità di un movimento letterario capace di reinventarsi anche solo ad ogni nuova rilettura, straziando ogni possibile tentativo di fermarlo in una qualsiasi istantanea critica. Il sottotitolo recita così, “perdersi nella letteratura latinoamericana”, e non è una banale avvertenza, ma un vero consiglio. Perché proprio per quanto detto, può essere molto facile non perdersi e restare sulla superficie di opere che in quel modo non possono che essere banalmente ridotte a una forma stereotipata di se stesse, mentre è scendendo in profondità e perdendosi il più possibile che è possibile riemergere attraversati dalla meravigliosa forza di questa letteratura.
Vanno abbandonati gli schemi prodotti da anni di retorica su questa parte di mondo letterario e va trasformata l’impressione fisica che quel corpo letterario sia fatto solo di pelle carne e scheletro.
Vanno abbandonati gli schemi prodotti da anni di retorica su questa parte di mondo letterario e va trasformata l’impressione fisica che quel corpo letterario sia fatto solo di pelle carne e scheletro. Perché in verità questa letteratura appartiene a un corpo, sì, che diventa però mutante e capace di attivare connessioni imprevedibili, e allo stesso tempo a un oggetto in perenne movimento, sfuocato e irriducibile allo sguardo, e che come tale diviene fondamentale descrivere e ri-raccontare.
Funetta sa che tenendo il punto con assoluta precisione può offrire al lettore una chiave efficace per avvertire la magia letteraria latinoamericana. Perché è la precisione stessa che sta alla base di ogni indagine, esattamente come quella condotta in Domicilio sconosciuto. Un’enigma complesso la cui risoluzione potrebbe richiedere diverse possibilità e forse più soluzioni, ma come sa l’autore, qui come nelle vicende in cui l’eros è preponderante, diviene l’attraversamento stesso il motivo ultimo dell’indagine. Un movimento che da interiore si fa relazionale attivando percettori sconosciuti e anche sorprendenti capacità di comprensione che fino ad allora non sapevamo nemmeno di avere.
Il primo padrino di Domicilio sconosciuto è chiaramente Roberto Bolaño, Virgilio mimetico, guida ed esploratore, maestro di una generazione di narratori – anche italiani – seppure in disparate e mai obbligate direzioni. Roberto Bolaño è l’esemplificazione di un autore che diviene tale perché totale grazie ai propri lettori, e che per conto dei propri lettori si scioglie in una molteplicità di possibilità quasi infinite, o almeno in numero pari a quello degli stessi lettori. Bolaño dunque come autore di più opere, e lui stesso opera in quanto autore in forma di personaggio, in uno scavalcamento continuo tra finzione e realtà. Una visione critica e narrativa insieme che ha la forza sia di frazionarsi sia di ricomporsi aumentando in questo suo solo apparentemente caotico movimento la definizione di una fotografia esatta dell’autore, e degli autori nelle loro possibili forme e apparenze.
Il primo padrino di Domicilio sconosciuto è chiaramente Roberto Bolaño, Virgilio mimetico, guida ed esploratore.
Il metodo dunque come pratica, prima ancora che come teoria, e di questa lezione Luciano Funetta tiene conto raccontando prima di esemplificare, descrivendo, ma evitando un futile e vacuo romanzare. Prende forma un mondo pienamente parallelo, una narrazione che non è subalterna alla storia e alla critica. In Domicilio sconosciuto saggio e romanzo convivono coerentemente offrendo senso l’uno all’altro.
La figura emblematica di Roberto Bolaño va soppesata in quanto contrappeso di altri possibili e potenziali angeli custodi (e certamente anche angeli vendicatori) che attraversano le pagine di Domicilio sconosciuto. Bolaño infatti non va immaginato come una retorica targa di garanzia, ma quale rappresentazione di un viaggio continuo, con i suoi specchi e le sue mutazioni allucinatorie. Perché è solo all’interno di questo equilibrio di pesi e contrappesi allegorici che si palesa il movimento che permette al libro di avanzare verso il suo antro misterioso. Un incedere implicito che sta lontano dagli schemi del genere pur cogliendone le radici in un lavoro di innesto continuo.
Domicilio sconosciuto è sostanzialmente composto da due parti vere e proprie: una storia e un’appendice, un discorso e un catalogo che si intrecciano inevitabilmente, divenendo la storia parte viva del catalogo e il catalogo assumendo dentro di sé le storie dei suoi protagonisti. Il testo di Funetta implica una continua relazione tra l’interno e l’esterno, tra il prima e il dopo, al punto che il titolo stesso del libro individua e tradisce, mostra e nasconde. Funetta firma il suo omaggio a un mondo aderente quanto inavvicinabile. Aderente perché appartiene al corpo di ogni lettore, inavvicinabile perché obbliga a un viaggio perpetuo che consuma l’esistenza, ma mai la letteratura. Un mondo che regala un’immortalità credibile in quanto impossibile.