L’ 11 novembre 2023 l’account ufficiale del ministero degli Affari esteri israeliano ha pubblicato il video di un’infermiera, in preda al panico, che denunciava l’invasione dell’ospedale Al-Shifa a Gaza City da parte di Hamas, accusato di aver rubato morfina e carburante. Un’esplosione interrompe la sua denuncia concitata, dando una prova tangibile dell’attacco. Al Jazeera chiederà l’autenticazione del video a Earshot, la prima organizzazione no profit a utilizzare il suono per la difesa dei diritti umani. L’analisi acustica rivelerà che il suono dell’esplosione presenta un profilo completamente diverso rispetto a quello della voce registrata nella stanza: le frequenze attivate non coincidono, e pare che il rumore dell’esplosione sia stato aggiunto al video in un secondo momento. Il video è pertanto un falso.
L’autenticazione è solo una delle modalità di indagine sonora di Earshot, l’audiobalistica è un’altra. Per Forbidden Stories, un network internazionale di giornalisti, Earshot ha analizzato l’attacco ai due giornalisti di ArabTV che stavano filmando un raid israeliano in Cisgiordania nel maggio 2024. L’analisi acustica ha confermato le testimonianze secondo cui gli spari, entrambi diretti ai giornalisti, provenivano da più posizioni, da più di un tiratore, e che il secondo sarebbe stato sparato con alta probabilità dalla posizione in cui si trovavano i veicoli dell’esercito israeliano. L’analisi prova quindi che l’esercito israeliano ha aperto il fuoco sui giornalisti.
Earshot pratica anche la profilazione sonora, utile a identificare e isolare le fonti di suono non visibili nelle registrazioni. Tra il 2007 e il 2022 ha indagato sulla presenza illecita di aerei militari israeliani sui cieli libanesi, ha profilato e documentato meticolosamente le 22.355 violazioni aeree illegali di veicoli israeliani. Ne è nato AirPressure.info, uno studio che ha permesso di rendere evidente la violazione del territorio e l’esercizio di sorveglianza e di intimidazione sui milioni di persone che vivono in Libano.
Earshot pratica la profilazione sonora, utile a identificare e isolare le fonti di suono non visibili nelle registrazioni ed è derivato dalla più ampia ricerca nel campo delle indagini audio e analisi forensi dell’artista Lawrence Abu Hamdan, con l’obiettivo di dare voce alle comunità vulnerabili.
Due le premesse di questa pratica, la prima, storico-giuridica, è stata l’introduzione del Police and Criminal Evidence Act (PACE), la legge introdotta nel 1984 nel Regno Unito che ha innescato una rivoluzione nelle pratiche testimoniali e nella definizione legale della “verità”. Questa legge ha imposto che gli interrogatori di polizia venissero registrati, sostituendo la prassi della trascrizione scritta da parte degli agenti con le registrazioni. Questo ha trasformato la testimonianza da forma scritta a orale, aprendo a una nuova modalità di ascolto che ha inciso profondamente sia sul modo in cui viene percepita la voce del soggetto interrogato, sia sulle norme che ne regolano l’uso.
La seconda premessa, filosofica, è stata la svolta materiale nella fenomenologia dell’ascolto. Il lavoro di Lawrence Abu Hamdan deve molto alle ricerche di Peter French, docente del Dipartimento di Lingua e scienze linguistiche dell’Università di York. French inaugura un approccio profondamente materiale al suono, inteso come un oggetto fisico, con un corpo e una presenza concreta, qualcosa che si può analizzare, sezionare e replicare. L’ascolto di conseguenza si offre come strumento capace di comprendere l’anatomia del suono e di farne emergere una quantità sorprendente di informazioni: il tipo di spazio in cui è stato registrato, il dispositivo utilizzato, la provenienza geografica di una voce, e magari anche l’età, le condizioni di salute o l’origine etnica della persona che parla.
Il suono, che era stato letto dalla tradizione filosofica come un’esperienza soggettiva, un elemento a-storico e intangibile, rivela nella ricerca di French e nelle applicazioni di Lawrence Abu Hamdan la sua natura sociale e materiale. Non si può dire che questo sia stato sufficiente a invertire la centralità del visivo nella società contemporanea, basti pensare che continuiamo a non avere un vocabolario per definire il suono, e spesso proviamo a imitare i suoni con la bocca, o ricorriamo a metafore visive e tattili per descrivere suoni, che diventano quindi “limpidi”, “aspri”, “morbidi” o “graffianti” sebbene entità che non si lasciano né vedere né toccare o assaporare. Altrettanto spesso ricorriamo alle similitudini: “è come se ti passasse un camion sopra la testa”, o “è come il suono di un trapano che sfonda un cartongesso”.
Il suono, che era stato letto dalla tradizione filosofica come un’esperienza soggettiva, un elemento a-storico e intangibile, rivela nella ricerca di French e nelle applicazioni di Lawrence Abu Hamdan la sua natura sociale e materiale.
Era il 1967 quando Israele ha occupato il 70% del territorio e sfollato i suoi abitanti, e nell’estate 2023 ha respinto con gas lacrimogeni, proiettili con punta di spugna e un cannone ad acqua le migliaia di manifestanti contrari all’attuazione del piano per la costruzione di turbine eoliche, che non ha mai avuto il consenso dei proprietari terrieri. Come in altri lavori di Lawrence Abu Hamdan, in Zifzafa ci imbattiamo in posizionamenti filosofici, tematiche politiche, sistemi legali, questioni riguardanti i confini, la giurisdizione, le forme di controllo e riflessioni sul potere della ricostruzione sonora, attraversiamo zone di conflitto geopolitico, cartografie coloniali e subdole pratiche di ecocidio travestite da futuro decarbonizzato, e tutto nello spazio di venti minuti.
A circa metà del video viene citata la disavventura di Don Chisciotte contro i mulini a vento e di come Sancho Panza avesse provato a dissuaderlo dall’impresa. Come Sancho Panza corriamo il rischio di considerare le pale eoliche innocue, anzi utili mezzi per un futuro verde e pulito; chi abita le alture del Golan d’altro canto, come Don Chisciotte, continuerà a vedere in esse una presenza minacciosa, vorace di terra e mezzi di sostentamento, un pericolo per il tessuto sociale delle comunità. “Zifzafa” vuol dire questo in arabo: il vento che scuote e percuote tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Come in altri lavori di Lawrence Abu Hamdan, in Zifzafa ci imbattiamo in posizionamenti filosofici, tematiche politiche, sistemi legali, questioni riguardanti i confini, la giurisdizione, le forme di controllo e riflessioni sul potere della ricostruzione sonora.