

N el 1998 una borsa della Phillips Exeter Academy mi ha permesso di completare la prima bozza di quello che divenne poi il mio terzo romanzo, Gun Dealer’s Daughter, e di iniziare il primo capitolo del mio lavoro successivo, vagamente basato su un dettaglio del libro The Katipunan and the Revolution, le appassionanti memorie di Santiago Alvarez, un generale della rivoluzione filippina contro la Spagna. Ricordo il senso di solitudine e insieme la soddisfazione nell’iniziare quel testo che poi è diventato La rivoluzione secondo Raymundo Mata. La quiete di quella notte di primavera nel New Hampshire, dove cominciai ad abbozzare una ricostruzione parodica di un aneddoto contenuto nel libro di Alvarez: la sera in cui Emilio Aguinaldo (che poi mosse guerra agli americani dopo aver vinto la propria contro la Spagna) conduce il kalesa in compagnia di quel Raymundo Mata che diverrà un katipunero, un ribelle, sebbene cieco. Ridevo tra me e me nello scrivere quello che pensavo fosse il primo capitolo di un romanzo comico (e adesso è la nota 25 del testo finale). Nulla è simile alle prime pagine di un nuovo lavoro – quando si sono scartate sia la trepidazione che la paura – e si attacca a scrivere. La paura d’iniziare riposa nell’immensità di ciò che è ancora da scrivere. Ogni nuovo romanzo ti lascia sola, peggio che su un’isola deserta, perché sfida e sovverte la tua stessa creazione. Tutta la costruzione poggia sull’angoscia di quelle prime parole, e così, l’aver finito il capitolo d’esordio, quando il vero lavoro inizia, è un piacere indescrivibile, perché bisogna essere onesti: prima d’iniziare, scriverlo sembra sempre impossibile.
Ridevo tra me e me nello scrivere quello che pensavo fosse il primo capitolo di un romanzo comico (e adesso è la nota 25 del testo finale).
Si può dire che l’idea stessa di Filippine sia stata prodotta da un romanzo.
Noi filippini siamo costretti a leggere in traduzione il romanzo che ci ha generati!
L’essenza di una nazione come le Filippine è quella di un’entità in traduzione. Per comprendere cosa sia e cosa siamo c’è bisogno di sbrogliare e risolvere una serie di mediazioni testuali. O più precisamente: la nazione delle Filippine esiste solo nella sospensione di miriadi di traduzioni, vive nel vuoto delle sue parole fantasmatiche. In questo senso, per me, i filippini incarnano la definizione stessa della condizione umana: un’esistenza in traduzione, in tensione costante verso l’essere compresi e il comprendere noi stessi.Questo romanzo è in molti modi anche un romanzo sul senso di guarigione. La guarigione di un testo, di un corpo, di un eroe, di una storia, di una nazione, e di un intero passato. Scrivere questo libro è stato per me miracolosamente gioioso. Quando ho cominciato a dedicarmici con impegno, avevo voglia di scriverne un po’ ogni giorno. Il fascino di Rizal, e il fascino di questa storia, sta nel fatto che i nostri geni mostrano infinite possibilità: occorre esser grati per la storia incompiuta e tumultuosa che i filippini hanno alle spalle. I filippini, che forse rappresentano la complessità dell’io incompleto e indeterminato di ogni essere vivente, le nostre sorprendenti e infinite reincarnazioni.
New York, 21 dicembre 2019.
Nota dell’Autrice all’edizione americana di La rivoluzione secondo Raymundo Mata (in Italia per Utopia Editore, 2023).